Get this now | finestre aperte.

Ho letto "Benedizione" con molta calma. Concordo su ciò che viene detto sul retro della copertina, non ti lascia andare quando lo prendi in mano. Kent Haruf è capace di stregarti. Ti immobilizza, letteralmente. Io però l'ho presa con calma, ho capito che dovevo farlo immediatamente. 


La narrazione è scarna, prima di fronzoli, senza alcun vociare isterico che pretende da te una qualche comprensione. In una storia che parla di un uomo che sta per morire, ma anche di molto altro, ci si aspetta qualcosa di pretenzioso forse, una messa in mostra del dolore. Non solo questi inutili orpelli non ci sono, ma grazie appunto a una scrittura completamente priva di aggiunte superficiali abbiamo un manifesto che ci racconta lento storie di vite che passano. 
Quando Dad Lewis sta per morire la figlia Lorraine torna in città. Poi ci sono i vicini di casa. Ma anche un pastore troppo complicato o una relazione che è chiaro quanto non possa funzionare. Sono quelli che si definiscono momenti di vita quotidiana, e in molti hanno detto "Carver". Però qui secondo me è un po' diverso. Carver ti stritola la mano (e il cuore anche), mentre qui è come trovarsi di fronte a una finestra aperta, e senza malizia né troppo clamore mettersi a vedere cosa fanno le persone lì dentro. Anche per questo l'ho presa con calma. I capitoli sono brevi, i dialoghi, dio mio, i dialoghi. I dialoghi sono quadri perfetti. Malinconici, esatti, ecco, c'è un'esattezza umana che può sembrare costruita in maniera quasi fin troppo perfetta, quando in realtà vi ritroverete a provare solo pura empatia. 

In questi momenti dove ci si trova ad osservare queste vite che procedono, o rallentando ripercorrendo un poco il passato, si affrontano tantissime cose anche se in realtà possono sembrare poche. Ci sono silenzi preziosissimi e parole accurate. Niente viene mai comunque lasciato a sé stesso. Una malinconia quasi brutale.

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