Talking about | vacui.

Io e Ellis iniziamo sempre male. Quando ho preso in mano American Psycho mi son sentita franare malamente le aspettative sotto i piedi. Cosa era quella roba insensata? Che me ne facevo di quel polpettone di dialoghi schizofrenici e trama ingarbugliata malamente? 

Trenta pagine e ho cominciato ad adorarlo. Alla fine mi ha comunque lasciato insoddisfatta, ma avevo capito comunque che io e Ellis saremmo diventati (benché lui lo sopporti ben poco) amici.
Ho iniziato Glamorama ed è successo lo stesso. Le prime dieci pagine volevo perdere i sensi a forza di testate al muro, probabilmente sullo stesso muro dove Victor Ward vede dei puntini che no, non stanno bene con l'atmosfera del suo locale. Avrete già capito che anche stavolta ci sono poi caduta dentro con ben poca grazia. Un bel po' per ingranare, ma poi nel giro di una nottata l'ho divorato. Ah, premessa. So che c'è un ordine cronologico, ma io ho visto solamente che questo veniva dopo la storia del buon Bateman e quindi me lo sono letta ignorando che alcuni personaggi, tra cui Victor appunto, compaiono prima in altri romanzi. 
Comunque. Stavolta il trash anni '90 (che è già un buon motivo per mettersi comodi a leggere Ellis) punta le sue luci su Victor Ward, il ragazzo del momento. In pratica una nullità, un modello dalla personalità completamente assente, acuto quanto un animale impagliato. 
A Victor appartiene la solita vita che brilla, ma in realtà è ben chiaro che vale quanto uno sputo per terra. Aspirante modello di fama, fa cose e vede gente in pratica. Ah, sta aprendo un locale finanziato da un tipo alquanto minaccioso. Chiaramente Victor si scopa la fidanzata del tipo. Ma intanto è impegnato con una modella eroinomane di fama mondiale. Avete capito la situazione, dai. 


Ellis ci da in pasto un mondo fatto di pura mercanzia, roba bellissima ma chiaramente danneggiata, ma, sopratutto inutile. La cultura pop è al servizio di una specie di documentario dove in un countdown letale vediamo l'intreccio farsi strada, mentre ci viene mostrato il vero volto, assolutamente privo di logica, della cultura dell'immagine, del mondo dello spettacolo, della fama. 
Grazie all'uso (già presente, ma in dose minore, in American Psycho) dell'elencazione di brand (ogni volta sappiamo che scarpe Victor indossa, Gucci, che vestito porta Chloe, Armani), delle liste di nomi di persone famose (pagine intere) il contesto viene non solo privato importanza, ma sopratutto di senso logico. Così mentre Victor attende l'apertura del suo locale siamo sballottati in una danza completamente insensata dove comunque germoglia una presenza diversa, assurdamente maligna, e la vita di Victor si infrange sotto gli occhi di tutti. 
Verrà contattato da un certo Palakon che gli ordina di mettersi sulle tracce di un ex compagna di Camden, la stampa manda all'aria la sua relazione. Finisce a Parigi e si trova coinvolto in azioni di stampo terroristico. 
Esattamente. Un po' tipo Zoolander (infatti Ellis se la prese parecchio) ma meno sorrisi e niente Blue Steel.
Tutto ciò non ha apparentemente nessun senso, ma sopratutto non riuscirete a trovarlo. Le situazioni sono costruite intorno a una continua aura di ambiguità, causata in primo luogo dallo sguardo annebbiato dalle droghe, dall'alcol e dalla poca morale di Victor, ma sopratutto dal continuo rappresentare la scena come set di un reality, di un videoclip. L'insensatezza della azioni dei protagonisti, da threesome completamente casuali a torture di cui non si sa bene il motivo, con nel mezzo magari un party in onore di non si sa bene cosa, non vi portano da nessuna parte. E se cercherete un indizio nelle parole di Victor, di Bobby o del misterioso Palakon starete solo perdendo tempo. I dialoghi sono vuoti, frammentari, inconcludenti. Spesso una frase è solo la citazione di una canzone. 
Tutto ciò costruisce un'immensa realtà priva di senso. Il mondo reale, con la sua etica, la sua logica, i suoi meccanismi viene completamente azzerato. E il fatto che parte del romanzo tratti di terrorismo non è un caso, non solo ai fini della trama, ma per quanto riguarda il punto di vista scelto da Ellis questo non è altro che l'ennesima prova dell'illogicità della situazione. Il terrorismo, fatto di azioni mirate, schemi, progetti, ma sopratutto obbiettivi, si destruttura completamente.

Leggere un romanzo di Ellis vuol dire fare un salto nel vuoto. Ma non nell'ignoto, bensì nel nonsense. In un mondo fatto di specchi deformanti, pieno zeppo di esseri che riempiranno la vostra testa di parole senza poi dirvi niente. Ma arrivati in fondo saprete di aver letto qualcosa di terribilmente cattivo, crudele e in parte assurdamente veritiero.

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