Get this now | L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio.

Quando uscì il titolo di questo nuovo romanzo mi immaginai il mio amico Murakami (che suona tanto come "Il mio vicino Totoro"), buttare giù pensieri pieni di sensazioni malinconiche tanto quanto aveva probabilmente fatto con Norwegian Wood. Non ci ero poi andata così lontana.
La storia di Tazaki Tsukuro inizia con la presa di coscienza di una perdita incolmabile. Tazaki Tsukuro vuole morire, e a morire ci ha pensato così tante volte effettivamente, solo, senza affetti e senza affetto per sé stesso. Senza spiegazioni Tsukuru è stato cacciato da un affiatato gruppo di amici del liceo, così dal niente. Tsukuru l'incolore, il senza luogo e senza carattere, mentre i suoi amici, ognuno dei quali ha un nome formato da ideogrammi che indicano un colore, sembrano essere perfetti, umanamente essenziali.

Lui si sente tradito e solo. Da questa sensazione, da questa vita inerte e priva di sensazioni, se non quelle concernenti dubbi cocenti e insensati sensi di colpa (scusate il rigiro, sono le dieci e venti e qui mi mangiano le zanzare come se fossi nel cuore della notte in una giungla tropicale), partono lunghi fili versi luoghi e persone.


Come sempre finito un libro di Murakami ho la mia tipica sensazione dove mi sento "tantissimo me". Perché lui mi fa questo, scrive quello che vorrei scrivere, e mi dice quello che sono, le cose come le sento. Ovviamente c'è anche il tipico straniamento onirico dietro al quale tutti si indignano o partono con il mantra di adorazione. Ma questa volta, come accennato c'è il "dolore alla Norwegian Wood". Un dolore fatto di una malinconia quasi asettica, senza lacrime, ma con tantissime cose che rimangono attaccate alla pelle.
Me lo sentivo. E Haruki, non me la racconti giusta. Per me questo libro te lo tieni stretto da tanto tempo, ma potrei sbagliarmi.
Il mio non era comunque scetticismo, era semplicemente paura. Non sapevo dove volevi parare.
Ma anche stavolta mi hai lasciato lì oppressa da sensazioni e malinconie, però, con tanto di messaggio posato delicatamente tra le mani del lettore. 

Il pellegrinaggio di Tsukuru è il semplice viaggio di un uomo che ne ha bisogno, la comprensione che tanto si cercava in un universo assurdo in 1Q84, il compimento da portare a termine di Kafka, qui sono un corpo umano che ha bisogno di tirare, per una volta, un sospiro di sollievo. 
Il Murakami di questo libro è il più diretto mai letto, ma allo stesso tempo, il più clemente con la natura umana. La ricerca di Tsukuru, l'incolore senza apparente funzione umana, sociale, senza qualità degne del loro nome, è una ricerca che solo lui può fare. I personaggi, i luoghi, le azioni, sono i soliti di Murakami forse, ma poi c'è lui. L'incolore. 
Non so cosa altro si possa dire. Io dopo questo sono certa, mio caro amico Murakami, che voglio venire ad abbracciarti, e a dirti grazie. 

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