Recensioni #2, i migliori e i peggiori.

Siamo arrivati al post che tanto bramavano di scrivere. I migliori e i peggiori, le mie personalissime premiazioni ai libri che quest'anno sono stati un'ottima scoperta, un bel viaggio, una magnifica emozione e per tornare a dire quanto brutti sono stati altri (adoro criticare, adoro alla follia criticare!).
Ma veniamo al dunque. Il 2013 è stato un anno molto proficuo, ho letto 64 libri, dei quali 22 in formato ebook. Non sono stati conteggiati i libri di studio né i fumetti e manga. Quindi, 63 libri, ben 25 in più dello scorso anno, complice sicuramente il fatto che mi sono procurata il mio adoratissimo Kindle Paperwhite. Passare alla lettura digitale, è stato, come mi aspettavo, un'ottima mossa, cosa che consiglio a chiunque (e magari più avanti farò un post al riguardo).
La premessa a questa mia personale classifica è che ho scelto cinque libri per categoria altrimenti avrei finito per scrivere un post lunghissimo (e già questo lo è), mi sono decisa quindi a scegliere i cinque libri per ogni categoria che davvero sono stati i migliori e i memorabili e i peggiori e i, purtroppo, memorabili, per la loro bassezza. Quindi, top five dei migliori e top five dei peggiori! Spero che queste recensioni vi siano d'aiuto per scegliere o evitare letture, anche se io resto dell'opinione che sia bene leggere tutto, anche ciò che già si sa che non apprezzeremo, questo perché io sono la solita e magnifica insopportabile so tutto io, e perché amo follemente (vedi sopra) criticare.


Top five peggiori del 2013:



1. Inferno, Dan Brown (Mondadori). Questo è sicuramente il libro più brutto dell'anno. Non che mi aspettassi altro in realtà, ma questa volta Dan Brown (che dopo aver plagiato con il "Codice Da Vinci" poteva fermarsi) ha dato il "meglio" di sé. Definire questa lettura imbarazzante non è abbastanza, come non sono abbastanza le imprecazioni che ho lanciato mentre leggevo cose veramente orribili e insulse.
Cominciamo dalla trama? Debole, non vi dirò quanto ovvia. Perché ovvia sarebbe un complimento. Anzi cominciamo dal fatto che Dan Brown scrive i suoi libri seguendo uno schema che ama alla follia (protagonista, coprotagonista, pericolo in corso, oggetto del mistero e altro), in questo caso lo segue e la porta a estremi di banalità mai visti. Nel "Il simbolo perduto" dopo il primo capitolo capivi già come andava a a finire e dove. Qui non solo lo sai, ma oltretutto ti tocca sorbirti uscite che ti fanno venir voglia di prendere a testate uno spigolo. Appunto, la trama. "Inferno", ci dice il titolo, bene. Dov'è? Perché a Firenze ci stiamo per metà libro, seguendo logiche e percorsi tirati molto a caso e per niente legati tra loro, dopo, Brown pensa bene di andare a Venezia, e poi Instabul. Ma cosa c'entra. Cosa Dan, me lo dici? C'erano altre 948230202 maniere per continuare il libro, no, in una trama già debole e noiosa ci catapultiamo in altri due paesi che sono tutt'altro che Firenze per sentirci dare un colpo di grazia da banalità che ammontano fino al soffitto. 
I personaggi. Stereotipati, ok, ci posso stare. Ma Cristo. Io capisco le "esigenze narrative" (chiamiamole così), ma non puoi far passare il tuo personaggio per l'idiota del secolo. Cristo, già ne ha passate tante, è possibile che si comporti come il più ingenuo degli abitanti di Firenze? Possibile che la donna più intelligente del pianeta non conosca cose basilari della Divina Commedia? Deve esserci lei a dire "Cioè?", perché tu, Dan Brown, possa darci la tua lezioncina? 
L'intreccio. Ecco, qui si toccano i limiti della parola "ridicolo" e si va in quella "imbarazzante". Quello che dovrebbe essere il colpo di scena del libro ti fa solo pensare che ormai il povero Dan non sapesse più come girarsi. Il finale fa schifo. E credetemi, schifo. Con una parola finale "stelle" che dovrebbe rendere omaggio a Dante. Ma come, ma come. Ecco, aggiungiamo pure il fatto che ci sono certi sfondoni storici e artistici che fanno paura. Davvero, paura. Perché se scrivi un libro del genere certe cose devi saperle. Non mi interessa se "beh, ma è un romanzo" o "sarà una svista". Non puoi scrivere un libro sull'Inferno (presunto, perché credetemi di Inferno ce n'è ben poco) e poi sbagliarmi le pene dei gironi! Cazzo! È una cosa orribile. Orribile. 
Inoltre il vero orrore di questo libro è che sai che è scritto. Non solo la trama, i personaggi, l'intreccio, ma per tutto il tempo in cui vai avanti sai che è un libro. Non ti perdi, non ti emozioni. Ma almeno avesse qualcosa da dire di positivo. Un'amica mi ha detto "la fotografia è bella, ci verrebbe un bel film". Sì, un film senza logica e senza palle.

2. Hunger Games, Suzanne Collins (Mondadori). Ebbene sì, odiatemi, riempitemi di insulti, non me ne può fregare di meno. Io reputo Hunger Games una delle saghe peggio scritte e strutturate degli ultimi tempi. A parte il clamoroso caso di plagio, perché sì, per me di plagio si tratta, il libro è pessimo. Ci sono alcuni aspetti postivi magari, l'idea è ben caratterizzata, motivata, retta da forti pilastri di ideali. I personaggi, beh, niente da dire. Esplorati, esplicitamente e non. L'azione ben definita. Tutti aspetti che rendono questo libro divorabilissimo, perché io appunto l'ho letto in un solo giorno. Ti fa venir voglia di continuare, di stare incollato alle pagine per sapere come vanno questi Hunger Games. Tuttavia ci sono anche molti punti a sfavore. La prima cosa che ho notato è la mancanza di attimi di leggerezza. Ok, siamo in un gioco mortale, è un gran casino ed è tutto tremendo, però un attimo di leggerezza, una battuta, un pensiero ci sta. Invece l'unico attimo di leggerezza che troviamo sono gli scambi romantici dei nostri due protagonisti. altro punto a sfavore è la ripetitività di alcuni concetti,concetti o cose che magari devono essere dette e ripetute appunto, ma lo sono nella stessa solita maniera. Ultime cose da obbiettare, la velocità di certe scene, ok, tutto si svolge in un attimo magari, ma spesso la cosa è davvero troppo veloce, e infine, avrei preferito, personalmente, una maggior cura nelle descrizioni.

3. Il canto della rivolta, Suzanne Collins (Mondadori). Sì, di nuovo. Perché se il secondo romanzo della saga aveva almeno una buona dose di intrattenimento (l'arena molto godibile, un accenno di intreccio interessante) nel terzo capitolo Katniss, l'eroina peggiore che io abbia mai incontrato tra le pagine di un libro, da veramente il massimo, così come la Collins che a quanto pare non riesce a scrivere qualcosa di vagamente interessante senza perdersi in elucubrazioni insensati e strutture sintattiche che neanche io dopo aver bevuto una bottiglia di limoncello riesco a concepire. La situazione è quasi racchiusa in comparti "Non voglio essere la Ghiandaia", "Ok, lo sono", "Oh merda, sto male", "Evviva Peeta", "Peeta che cazzo", e potrei andare avanti. È tutto così evenemenziale. L'intreccio sarebbe anche ottimo secondo me, ma, scusate il gioco di parole, non è "intrecciato". Come dicevo prima, rispetto agli altri libri c'è anche maggiore spiegazione, chiarimento. Ma rimane tutto l', potrei banalmente dire che non è omogeneo. E queste mancanza già mi fanno venire i nervi, perché avrei potuto apprezzare davvero appieno almeno questo terzo volume. Ma la cosa che davvero mi fa infuriare è lei. Katniss. Ora, io non voglio dire "Come può una persona essere così senza cuore". Ci sono le persone così, e anche i personaggi così. Piacciono, ovviamente. Freddi, implacabili, emotivamente congelati, ma vivi. Ma in questo caso la caratterizzazione la fa sembrare un Dalek difettoso. Per chi non è uno Whovian, un Dalek è una creatura capace solo d'odio e distruzione. I sentimenti di Katniss quando ci sono sembrano quasi giustificabili dal fatto che lei ci stia pensando "Ah, forse dovrei provare questo". È una caratterizzazione orripilante. Il fatto che una protagonista così promettente sia così, prenderei la Collins a badilate in faccia. Tra l'altro quando Gale dice che avrebbe scelto tra lui e Peeta quello che l'avrebbe aiutata a sopravvivere, beh, non è forse stato così? Ma certo, mi direte, chi non sceglie la scelta migliore. Perché scusate, volete farmi credere che alla fine di tutto Katniss sia diventata una protagonista normale? E da dove dovrei ricevere questa impressione? Da dove?

4. Il diario del vampiro: il risveglio, L.J. Smith (Newton and Compton). Vabbè, cosa mi sarei dovuta aspettare? Però qui la cosa è veramente tragica. Io non sono una grande fan della serie tv, ma almeno lì i personaggi sono decenti. Decenti nel senso che sono sopportabili e credibili. 
Caratterizzazione di un'ovvietà esasperante, nessuna sfumatura, una noia mortale. E poi, possibile che nemmeno uno sia simpatico? Cosa dovrebbe spingermi a leggere ancora di questi idioti?

5. Il dominio della regina, George R.R. Martin (Mondadori). Ve l'ho detto che voglio farmi odiare? Io un libro così insulso, credo di ritrovarlo con difficoltà. Io non sono una fan di Martin, e credo che A Game of Thrones sia uno di quei rarissimi e inconcepibilmente fortunati casi in cui la trasposizione rende cento volte di più che il libro. I libri di Martin sono sceneggiature, e Martin è di fatto uno sceneggiatore, e di sceneggiatori che poi sanno davvero scrivere un romanzo io ne ho trovati solo due finora: Neil Gaiman e William Goldman. E vi avverto, qui davvero partirà l'articolo, perché sono davvero curiosa di sapere cosa ci trovate di così entusiasmante nei libri di Martin. Io sono arrivata a leggere questo volume della saga arrancando tra capitoli vuoti, attimi di noia mortale, e un pov clamorosamente confusionario e dall'entusiasmo intermittente. E poi arriva questo romanzo. Mi dite seriamente cosa succede? 

Top five migliori del 2013. 



1. 1Q84: Libro 1 e 2. Aprile - Settembre (Einaudi). Che impopolarità è il mio secondo nome lo sapevate? No? Bene, ora vi apparirà chiaro. So che questo libro non è piaciuto a molti, né ai neofiti di Murakami, né a chi Murakami lo adora, come la sottoscritta. E per questo fatemi fare un appunto: non lo sto giustificando. Io sono la prima a criticare con ferocia e a riconoscere gli errori di chiunque. Semplicemente, mi è piaciuto. Tantissimo. Moltissimo. Non il suo libro migliore né il mio preferito, ma io l'ho adorato. 
Meraviglioso. È un aggettivo che uso spesso, lo ammetto, ma questo libro è veramente meraviglioso. Ci sono quei libri che effettivamente poi mi fanno pensare "ma è meraviglioso!", ma poi mi rendo conto che è meraviglioso ma non così incisivo. Questo invece mi ha totalmente sopraffatta. So che molti hanno criticato la terza parte, ma io sono pronta ad andare avanti, ad accettare anche la caduta, perché questo merita tutto quello che può meritarsi. Ormai conosco Murakami, o meglio, ormai apprezzo Murakami, e ogni volta mi trovo ad affondare le mani, la mente, in una materia sempre più evanescente e bellissima. Sono rimasta sopraffatta, veramente. Posso elogiarvi, anzi potrei (perché non credo riuscirei veramente a trasmettere quello che c'è in quelle parole), dallo stile all'intreccio. Le parole pulite, che penetrano in ogni fessura, lo scorrere consapevole di voi dentro la storia, la magnificenza di ogni gesto, l'inquietudine, come posso dirvelo? Non lo so, veramente. In realtà vorrei dire tante cose, ma neanche so da dove cominciare, perché non si può cominciare, non si può dire. 
“If you can’t understand it without an explanation, you can’t understand it with an explanation”.

2. Il signore degli orfani, Adam Johnson (Marsilio Editori). Presente quei libri che affondano nella carne e lì restano? Ecco. Questo libro è una storia che racconta come, con diversi artifici metaletterari, la tua di storia, la tua persona, non sempre può venir fuori. Il figlio del signore degli orfani lo sa. Non è un orfano, non è una spia, non è un vero comandante, non è un assassino. È una distopia "reale" tra le più belle e fredde. Ma come ho detto questo libro è una storia, che racconta davvero qualcosa, non solo come non si può essere, ma anche come e chi si cerca di essere, le maschere, la tragedia, l'amore. Tutto quanto. Ogni tanto va posato, io almeno l'ho fatto, per riprendere fiato. E non capita spesso.Questo libro continua a rimanermi in testa, continua a stare lì, nella carne.

3. Middlesex, Jeffrey Eugenides (Mondadori). Costruire un libro del genere è degno di nota. Vantare uno spettro di sfumature emozionali in un libro è cosa ancor più degna di nota.  Non so come avessi potuto pensare che questo libro potesse deludermi, avendo già letto di Eugenides "Le vergini suicide" (anche se trovo che questo sia nettamente superiore). Questo libro è tutto quello che si prefigge di essere e, come deve essere visto ciò che narra, anche tutto quello che potrebbe essere. Non mi dilungherò ad adulare la prosa, lo stile, l'intreccio, sono perfetti. Voglio sottolineare invece come questa storia sia così perfettamente reale e pieno di corde che appena sfiorate creano vibrazioni, così poco scontata. Qualcosa di autobiografico c'è, ok, ma la cosa diventa quasi filmica, riesci a sentirla nella testa, tutto viene reso senza artifici, con un'eleganza nel procedere, nel portarci da Calliope a Cal. Non è facile. Credo che due libri su tre sarebbero potuti essere ovvi, gonfi di piccolezze inutili, senza spina dorsale. Ma non lo è. Cal aveva un'anomalia genetica, la sua storia è in questo libro, perfettamente a posto, ma che a sua volta vi spezzerà qualcosa.

4. The Casual Vacancy, J.K. Rowling (Little Hampton). Ho visto molte recensioni negative in giro, e vi dirò. Non capisco il perché. Forse una vaga idea la ho, ovvero, che vi siete affezionati a Harry (come lo sono io del resto) e a quel genere di Rowling. Ma dico. Questo romanzo io l'ho trovato meraviglioso. Ho letto che in molti l'hanno trovato noioso, ovvio, banale. Ma parliamone con calma. L'idea dietro il romanzo è sì abbastanza nella norma, un'idea ormai assestata, ben chiara. Sembra tutto carino e cortese, ma c'è del marcio. E non del semplice marcio. Ma è quel marcio che si allarga lentamente, una macchia sul muro di dimensioni apparentemente minime, ma che nel giro di pochi giorni (appunto) vi costringerà a pulire la cosa a fondo. Se ci riuscite. Pagford è quella macchia. Da una morte inaspettata si srotola una catena di eventi che riesce a mettere in mostra (appunto a mettere in mostra, non causa) le ipocrisie peggiori (oltre a quelle già conosciute), le morbosità più eclatanti, le miserie più frustranti. Questo voglio dire, l'idea potrà essere chiara, ma il modo in cui viene realizzata è sublime. L'interiorità dei personaggi è veramente vicina, da toccare, ognuno di loro è qualcuno, ma anche se possono forse apparire come cliché (per esempio Krystal Weedon), beh, non lo sono affatto. Anche il più insulso di loro, Gavin Hughes, appunto un inetto, riesce a farsi vedere sulle pagine del libro per come è, non per come vuole essere. Eppure malgrado ci sia questa interiorità così densa ho trovato la lettura quasi perfetta per una classica miniserie inglese della BBC (e infatti probabilmente avverrà una trasposizione). Ho molte altre cose da aggiungere, come il fatto che sia tutto perfettamente architettato, ma non in maniera meccanica, ma un una maniera davvero, beh, cittadina. Come i dialoghi siano normali ma perfetti. L'unica cosa che posso davvero biasimare è che effettivamente alcuni passaggi sono stati un po' lenti. Ma a parte questo, nient'altro da dire. Credo che questo libro vada assolutamente letto, e non perché della Rowling (anche se c'è da dire che vederla destreggiarsi in un libro per adulti, per chi come me ha amato Harry, è una cosa sensazionale e bellissima), ma perché è un bellissimo romanzo, puramente inglese, bello in una maniera così concisa come non ne leggevo uno da tempo, e sopratutto, puramente vero.

5. The Melancholy Death of Oyster Boy and Other Stories, Tim Burton (Harper and Collins). Cosa vi aspettavate? Un altro romanzo bello corposo? Un qualcosa di molto più sentito? Sbagliato. Il quinto posto dei migliori tra i 63 libri letti se lo aggiudica questo librino crudele e adorabile, con i suoi personaggi grotteschi, con le sue stranezze morbose. Sarà che l'ho comprato alla Shakespeare and Company e mi ricorda quella magnifica sensazione di essere nella bellezza vera (so che non qualifica il libro, ma la classifica è la mia), sarà che è semplicemente unico, questo libro si aggiudica questo posto e questa classifica.  Ovviamente da leggere così, in lingua originale, non oso immaginare la traduzione italiana. 

Dunque? Opinioni?
Ah, presto arriverà il mio enorme, gigantesco, immenso, meraviglioso haul natalizio, di cui qui una piccola preview. Amo il mio ragazzo, ve l'ho detto quello? 

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