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Dopo un proficuo stalkeraggio di chi di dovere su MLOL sono riuscita a far inserire tra i libri della regione Toscana "Gli anni al contrario" di Nadia Terranova.
Ormai ne sentivo parlare ovunque, tutti lo leggevano, e poi è un romanzo di esordio. Insomma, dieci punti a Serpeverde, è finito su MLOL e io me lo sono letta.
La mia paura, pachidermica, era di trovarmi davanti il solito libro che parla di giovani, di dolore e che mi fa dire solo una cosa: meh.
La trama apparentemente sembrava istigare questa mia paura a farsi ancora più grande. Ringraziando il cielo e la bravura di Nadia il mio terrore se n'è andato in un angolino a piagnucolare per la sconfitta. 


Perché sì, la trama può sembrare, almeno a me, qualcosa che ormai è ovvio e portatore di cliché. Aurora, figlia de "il fascistissimo", studentessa modello (Miss trenta e lode), ignorata poiché più silenziosa in una famiglia ricca di prole, si innamora di Giovanni, figlio di un avvocato comunista. ribelle. Lei rimane incinta e si sposano. 
Ma niente paura. Il vero argomento di questo romanzo sono gli anni settanta.
Gli anni settanta e tutto ciò che hanno sbagliato. Aurora e Giovanni si muovono tra collettivi, marxisti lenisti, eroina. Si viene condotti, seguendo come ombre i protagonisti, tra ideologie mai appesantite dal volerle giudicare o meno, tra i dolori delle famiglie, tra la disillusione. 
Il contesto è il terzo protagonista in questo romanzo. Lui agisce tanto quanto Aurora e Giovanni. La franchezza con cui le cose ci vengono presentate rende la lettura piacevole, gradevolissima e sopratutto leggera. Non c'è alcuna delle pretenziosità che spesso colpiscono chi parla del passato, niente fronzoli. C'è dell'onesta, tutto qui.
La ricerca dei protagonisti è strettamente legata all'evoluzione di ciò che sta loro intorno, a un moltiplicarsi di scelte scorrette, ma non c'è cattiveria. 

Il ruolo della famiglia, il potere del dialogo, la voglia e il bisogno di comprendere, la ricerca della libertà e soprattutto il valore delle proprie scelte non vengono malamente giudicati, non cadono nell'ovvietà del patetico. 
Anzi. Non c'è un dramma che vi farà fermare un secondo nella lettura per respirare un poco. Ci sarà sì la chiarezza di come ci sia della crudeltà, lo scuotere la testa davanti agli errori, ma non l'esasperazione di fronte a qualcosa di raccontato con superbia per l'ennesima volta, ma solo l'umiltà di voler raccontare. 


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