Recensioni #3, Peter Pan, il prezzo da pagare.

Loisel passa in sordina. Disegnatore e fumettista francese, che si è ben guadagnato la sua fama, da noi non è così conosciuto, o forse sono io che non lo conoscevo. Fatto sta che questa sua opera, "Peter Pan", non è certo la prima che ci balza in mente tra i tanti lavori ispirati all'eterno fanciullo. Cosa terribile. Terribile perché forse è proprio questa una delle poche che andrebbero lette, gustate, capite, tralasciando invece dubbi artefici cinematografici con Peter Pan biondicci e quasi adolescenti. 

Edizioni BD ha proposto quest'opera in un unico volume in bianco e nero dove potrete soffocare e contorcervi dal dolore.
Questo perché la cura del dettaglio di Loisel, la sua mano, ha sporcato e tratteggiato sia la Londra vittoriana che l'affascinante Isola che non c'è, rendendo una storia per bambini realistica e tangibile, le strade sporche, le foglie umide. Oltre al disegno davvero encomiabile c'è osservare una cura nella regia davvero azzeccata e per nulla pesante, considerando che si sta parlando di bambini che non vogliono crescere, di avventure tra pirati, e di degrado sociale in una città sporchissima. Lo spazio è usato con la consapevolezza di chi vuole centrar bene il cuore del lettore, perché questo, tramite prese di mira subdole, capisca poco a poco.
Disegno e regia offrono quindi espressività e tangibilità su un piatto d'argento, insieme a un intreccio e una trama che sono tra le più belle che si siano mai viste riguardanti l'avventure di James Barrie. Cercherò di parlarvi di questa meraviglia spoilerando il meno possibile.





Questo perché il punto forte di quest'opera, ciò che davvero vi farà tremare le ossa e rabbrividire, e non sto scherzando, è il suo porsi come qualcosa di mai visto, come ho già detto, e allo stesso tempo come il vero motore, il vero meccanismo, la vera realtà di una storia che di reale ha, ovviamente, ben poco.
Peter vive nella Londra vittoriana, vittima della madre alcolizzata, semplice bambino in una città cattiva e lercia, Peter che racconta ai bambini dell'orfanotrofio storie, lui, grande narratore, riesce a evocare meraviglie, scaldando il cuore altrui. Unica figura "positiva", tra virgolette perché vedremo come il limite tra positivo e negativo sia davvero labile quando si parla di del lavoro di Loisel, è il Signor Kundal, uomo gentile e compassionevole, che offre a Peter conforto e tra le altre tante cose buone un libro sulla mitologia greca. Ah, inutile dire come i riferimenti, le citazioni siano chiare ma allo stesso tempo funzionali.
Comunque sia Peter, giustamente trova Campanellino. E parte. E qui iniziano le sue avventure. L'incontro con il Capitano (non ancora Uncino), i Pellerossa, le creature dell'Isola, le creature che vivono grazie al potere immaginativo umano, che se private del "Tesoro" svanirebbero, già deboli a causa della società che non riesce più a pensarle.

Ma dunque, il vero argomento, il vero motore della storia è questo: la non crescita. Bella scoperta, stiamo parlando di Peter Pan. Ma la non crescita è proprio quello che molte volte passa veloce sottotono, quello che non viene riflettuto. L'opera di Loisel non si fa carico che di nient'altro se non di una domanda esistenziale. Questo tempo eterno, questa presunta "maturità", spensieratezza, quale è il suo prezzo da pagare?
La risposta è orribile. Peter non ricorda. Peter vive senza rimorso, senza consapevolezza del reale, senza memoria. Peter è solo con sé stesso, un sé stesso nuovo, ma privo di quello che aveva, a livello quasi cerebrale ma sopratutto etico, prima. E questo lo vediamo ovunque, non solo in Peter. L'altro grande personaggio è appunto Uncino, un Uncino che si rivela molto altro in quest'opera, affermando e ingigantendo l'ipotesi che Uncino non è altro che un Peter Pan in versione adulta e per questo la sua nemesi ad hoc. Uncino è terrorizzato dal Coccodrillo, dal tempo, dal voler ottenere, è un adulto affetto da una sorta di schizofrenia insensata, proprio perché non affetto dal passare del tempo. D'altronde non è Uncino uno di quei villain che sono giustificati dal dover ingaggiare una battaglia eterna? 

Ma parliamoci chiaro, il lavoro di Loisel non va visto come trasposizione puramente moderna e psicologica, anzi, va visto proprio come l'esemplificazione, il quadro perfetto di come un non tempo, un infantilismo subdolo siano dannosi (o forse no?). E questo lo vediamo grazie all'inserimento nella storia di Jack Lo Squartatore. Nessuno se lo aspetterebbe, ma c'è. Jack è il Peter nel livello reale. Jack non ricorda di avere ucciso, vittima di sé stesso.
Il Signor Kundal è infantile, perché lui stesso conosce il tempo come Grande Ingordo e invita Peter a batterlo. La madre di Peter lo è, gli abitanti di Londra lo sono.
E Peter è l'esempio per dimostrare questa teoria, Peter passa praticamente al Lato Oscuro trasferendosi sull'Isola. Ma la domanda da porsi, la seconda, è questa: è davvero Oscuro? Ovvero, questo tempo senza conseguenze è davvero negativo? Perché così sembra. Si dimentica le morti, si dimentica la madre, si dimentica chi si era prima, si dimenticano gli amici.
Come si può concludere questo tempo senza conseguenze non è un tempo. E per questo la risposta alla nostra seconda domanda non può essere una risposta certa. Peter sa volare, è autonomo, vive con fate e centauri, Uncino ingaggia la sua eterna battaglia. Stanno bene. E appare ora chiaro quindi come domanda e risposta siano un ciclo infinito, un eterno ritorno nel mondo di Peter. Sì, è negativo. Ma è anche positivo.
Loisel riesce a caricare ancora di più il concetto grazie alla rappresentazione dei suoi personaggi, primo tra tutti Campanellino, perché appena comparirà crederete che quello sia uno scherzo. Non Campanellino. Perché qui è brutta, maleducata, volgare in una maniera che non è difficile accostarla alle prostitute che abbordano Peter nei vicoli della sua città. La stessa Isola con i suoi abitanti è lì da sempre, con le sue ferite "reali" e i suoi orrori.
 

E più si prosegue nella lettura più questa consapevolezza dell'inconsapevolezza (scusate, scusate) è lampante, e si arriva a un punto dove si soffoca, si vuole uscire, si vuole scuotere Peter e dirgli di ricordare. Non esagero nel dire che questa è stata una delle mie letture più disturbanti. Le immagini, le scene che si incontrano negli ultimi capitoli sono crudeli. E allo stesso tempo i personaggi sono più veri. Le avventure più incalzanti.
"Solo i sogni sono reali". Capite? 


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