Get this now | Revolushow, spettatori

Revolushow è un sogno frustrante. Anzi, è uno di quei pensieri malsani e insensati che arrivano nel dormiveglia, è grottesco, disturbante, l'opera di Falbo e Caligaris edita da Eris Edizioni dimostra che non c'è via di scampo, non c'è possibilità di liberarsi dalla diretta televisiva. 





Perché si tratta di questo. Revolushow è il nome del programma televisivo gentilmente offerto dalla C.C.TV., il mantra assillante di ogni abitante della City. 
Il lettore diventa telespettatore, e il live di questa giornata è qualcosa di unico, una puntata speciale. Ospite di King Hashtag è il capo supremo, l'uomo a capo del Bazura Empire.
La diretta è grottesca, terribile, celebra l'orrore senza farsi carico di alcun messaggio, si tratta di uno show dissacrante fino all'esasperazione.
La critica a una società incapace e schiava dei social network non è certo nascosta. L'uomo che non riesce davvero a stabilire un contatto, una condivisione se non attraverso l'uso della rete, una città schiavizzata dagli slogan, dalle dirette televisive, non c'è salvezza e l'essere umano non può certo redimersi ormai. Pagare il canone viene prima di qualsiasi cosa, prima del cibo, prima dell'aria. 


L'atmosfera disturbante in cui è inserita la narrazione è in questo caso portata a livelli estremi. Il lettore, come gli abitanti della City ha gli occhi fissi sulla puntata, e il ritmo è scandito dalle varie presentazioni dei reali nemici dello stato, quelli che attentano alla vita del boss, quelli che vogliono "ribaltare" il sistema. 
Ma la rivoluzione non è attiva, non è reale. Non c'è rivoluzione perché il massacro è ancora una volta dietro uno schermo, l'azione non coinvolge nessuno. C'è solo lo spettatore. 



Inutile dire quanto sia meraviglioso lo stile, esagerato e contorto, ricorda Crumb certo, ma dimostra sopratutto che ciò che conta non è il realismo, ma essere capaci di disturbare, di arrivare all'estremo. Le figure che popolano lo show hanno riferimenti ben precisi, sono citazioni non compiaciute ma intriganti, prima tra tutte quella di copertina.
Il Boss è Marat, simbolo di una rivoluzione reale, ma allo stesso tempo un Drugo, distruttivo, crudele, e infine, sopratutto, un fantoccio. 

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