Paper Moon
Nyctophobia di Carlo Vicenzi (Dunwich Edizioni, ovvio) è un romanzo claustrofobico. 
Consigliato? Sì, consigliatissimo. Potremmo chiuderla qui effettivamente, perché non c'è miglior aggettivo di claustrofobico per farvi capire l'esperienza affrontata in questa lettura.


Vicenzi plasma un mondo dove apparentemente non c'è alcuna salvezza. 
Sulla terra è calato un buio eterno, corporeo, che ha fatto dimenticare a molti la luce del sole, e che ha reso dei pazzi sognatori quelli che ancora provano a ricordarla. 
Eliana, una ragazzina che non vuol essere etichettata come tale, viene esiliata, ed è in quel momento che si trova a dover sopravvivere in mezzo all'oscurità.
Farà affidamento su vari personaggi, in un viaggio che la porterà a doversi fidare di molti ma sopratutto a doversi difendere da qualsiasi cosa. 

Il fascino del romanzo risiede proprio in questo. Perché questo scenario weird fantasy porta con sé creature nuove, impossibili e surreali. 
La flora e la fauna si sono dovute adattare a questo mondo corrotto dal buio, sviluppando nuove caratteristiche che le rendono spesso letali ma quasi sempre incredibilmente affascinanti. 
Perché è questa la vera forza del buio: è affascinante. 
La vera sfida non è sopravvivere alle trappole nascoste e celate dalla spessa coltre nera, ma resistere a ciò che essa sembra offrire. 
Non si perde sé stessi nell'oscurità, ci si perde insieme ad essa. 
Ed è questo che rende il romanzo agghiacciante: non c'è salvezza alcuna. 
Per trovarla bisogna prima ritrovare il passato, la fiducia, l'essere umano che in un mondo senza luce sembra essere svanito per sempre. 



Dunwich ha pubblicato recentemente il terzo volume delle avventure di Carnacki, un bel volumetto con tre racconti con appunto protagonista il personaggio creato da William Hodgson.
Carnacki è un cacciatore di fantasmi, esperto del soprannaturale e detective dell'ignoto, scienziato che cerca di comprendere le meraviglie celate nel mondo delle Mostruosità Esterne. Si trova a metà tra l'impertinenza di Sherlock Holmes e il modo di fare avventuriero di Dylan Dog per capirci. 


Questi racconti sono veloci e intriganti, ottimi per passare ottime ore colme di un terrore e adrenalina, la curiosità che va crescendo. 
Non c'è mai un calo d'attenzione, sopratutto per due motivi immagino. Ogni racconto inizia con Carnacki che, dopo aver acceso la pipa ed essersi messo comodo, si appresta a raccontare ai pochi amici prescelti per le sue serate l'ultima avventura. Il racconto procede poi in modo lineare, preciso. Viene proposto un mistero e lui, ovviamente accetta. Nella maggior parte dei casi imbraccia l'attrezzatura e si mette al lavoro. E questo è un altro elemento che offre una lettura avvincente e che provoca sempre più curiosità. Hodgson non si trattiene certo sui dettagli tecnici. Utilizzo dei colori, vibrazioni, apparecchiature vittoriane, fotografie e pentacoli elettrici. Il detective non è presuntuoso, spesso viene sopraffatto lui stesso dal terrore, ma affronta il caso con un vero e proprio metodo. Seguire le sue ipotesi, i suoi tentativi, non è per niente male. Sopratutto quando ci si mette di mezzo un vero e proprio essere maligno, e a quel punto i marchingegni del detective si trovano ad affrontare mostri folkloristici se non peggio. Questa storta di monsters of the week sono sicuramente protagonisti dei racconti migliori. 

In questo caso il primo racconto è decisamente il più bello del resto. Il maiale. Un uomo ha il sonno disturbato e ammette di sentire dei rumori. Dei grugniti. 
L'idea di una creatura simile, un semplice maiale ma terrificante e diabolico, proveniente da chissà quale dimensione incoerente, capace di affollare i sogni e le allucinazioni di qualcuno è un elemento disturbante tipico, come possono esserlo i rumori dentro ai muri o l'odore di putrefazione nelle soffitte. Qui la creatura che si trova ad affrontare Carnacki è davvero qualcosa di spaventoso. 

Gli altri due racconti, Lo Jarvee stregato e La scoperta, sono più leggeri. Più spirito d'avventura e meno follie allucinatorie. Ma non per questo da meno. Il secondo racconto ha come protagonista lo Jarvee, una nave infestata, il terzo invece (che per quanto il mio preferito sia chiaramente il primo, così disturbante, ho adorato tantissimo) è più un vero e proprio caso da risolvere, qualche indizio, un problema di contraffazione e basta. Nessun elemento soprannaturale, ma di nuovo, un metodo preciso e una risposta lampante.

I racconti di Hodgson non sono certo raccapriccianti o così disturbanti quanto possono esserlo quelli di Lovecraft o Chambers, ma sono essenziali. C'è tutto quello che volete in un buon racconto fantastico. Una ricerca, una missione, un orrore da affrontare. Il misticismo è sostituito dal terrore di non uscirne vivi e basta, da una soluzione che molto probabilmente è davanti ai nostri occhi, ma non si riesce a trovare. 
Consigliatissimo.  

Ecco come riuscire a parlare di orrori lovecraftiani in maniera nuova e pungente. 



Il punto è che a voler parlare dei Grandi Antichi in un contesto moderno si rischia sempre di creare un'atmosfera fin troppo artefatta, per niente affascinante, ovvietà in contesti banali. 
Ma Vergnani è riuscito a superare l'ostacolo giocando con le scatole cinesi. 
Due ironiche guardie del corpo vengono assunte da un professore diretto a Innsmouth, o meglio, la sua riproduzione per divertire "i gonzi" come vengono chiamati da Vergy. Edifici fatiscenti, tempio consacrato a Dagon, abitanti dagli occhi ipertiroidei, insomma, tutto il pacchetto completo. 
Questa scelta ha aggirato tutti i problemi ed è riuscita a far evitare il disastro. Nessun tentativo di imitare il buon Howard, ma piuttosto una storia innovativa, divertente ma allo stesso tempo piena zeppa di orribili realtà. Il risultato è insolito, quasi caustico, ma non per questo dissacrante.

«Voi forse vi credete dei cacciatori di mostri. Ebbene, sapete qual è la novità? Non lo siete. Non lo siete perché credete che la cosa sia nobile e interessante. Niente di più sbagliato. Cacciare i mostri non porta alla gloria. Nel novantanove per cento dei casi porta a guardare i fiori dalla parte delle radici.»

Vergnani è riuscito a ricreare le atmosfere viscide, i vicoli bui, le stanze maleodoranti di Innsmouth intensificando la realtà con le battute oscene di Vergy e Claudio, giocando sull'equilibrio tra l'ignoto e l'occhio critico di qualcuno che ne ha già viste tante e ne ha avuto abbastanza, tra il timore che ci sia veramente qualcosa di più grande, di tremendamente orribile, e il troppo umano. 

Le dinamiche sono quasi cinematografiche, ma non per questo ovvie. Verrebbe da dire che questo è il libro da leggere quando si vuole staccare un po' la mente, ma in realtà non è solamente questo. 
Il fatto che questo romanzo faccia ridere non implica il fatto che ci si possa permettere della disattenzione. Il soprannaturale c'è, il timore di vedere qualcosa di insolito dopo aver svoltato un angolo è onnipresente. 
Dunwich edizioni si conferma portavoce di un horror intenso, che crea dipendenza.
Lovecraft's Innsmouth è il romanzo da leggere se si è amanti di Lovecraft o se più generalmente si ha bisogno di una sempre sana scarica di adrenalina. 

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