8.11.14

Talking about | Blue Lily, Lily Blue

Ovvero, di come quando un titolo è ruffiano il libro risulta al 97% insulso.
Attendere mesi e mesi (certe volte scordandosene effettivamente, visto che sì, è un po' un guilty pleasure) il terzo capitolo del Raven Cycle per poi ritrovarsi in mano un nugolo poco consistente e alla fine apparentemente indistricabile.
Andando con ordine.






Dopo aver terminato con foga i primi due capitoli della saga (qui e qui la recensione entusiasta), finalmente leggo il terzo capitolo. Piccola parentesi, nella mia mente questo era l'ultimo capitolo, domanda, mi son persa qualcosa? Probabilmente la colpa è mia, perché mi son resa conto che effettivamente la parola trilogia non è mai stata scritta da nessuna parte, ma tant'è.  

In ogni caso poco è bastato per farmi rendere conto che no, le cose non sarebbero affatto terminate nel volume che tenevo tra le mani, visto che al 60% di lettura stavano avvenendo le cose più improbabili.
L'inizio, diciamocela tutta, non è male anche se è molto molto fiacco. Chi ha già letto anche Dream Thieves sa che di solito l'azione è repentina, fresca. Qua l'avvio è sì promettente, ma quasi esausto. Molto probabilmente la cara Maggie pensava di rifarsi più tardi, cosa che effettivamente ha fatto, ma, lasciatelo dire mia cara (mi sento tanto McGranitt che offre biscotti) non ci hai preso stavolta.
Il reale problema di questo libro è la confusione. Succedono almeno cinque cose diverse, in una maniera così scombinata che davvero, mi ha quasi innervosita.
Mentre nei precedenti capitoli l'attesa dovuta all'intreccio era accattivante qui diventa esasperante, ma non nella maniera che potrebbe causare un collasso di una fangirl davanti a una puntata della sua serie tv adorata, no, in una maniera orribilmente sconnessa.
Le cose accadano su piani completamente distinti, cosa che causa l'immediato stravolgimento di ogni apparente coesione, perché, benché la volontà fosse probabilmente (e chiaramente) quella di far collegare le cose, ogni strada presa sembra andar dritta per conto proprio. Non ci sono segni di una qualsiasi complicità tra gli avvenimenti, le cose accadono, ti lasciano un po' a bocca aperta, ma poi tocca aggiungerle alla pila delle "cose accadute, vedremo poi".
E io non voglio lo spiegone. Chiariamo bene la cosa. Non voglio l'ovvietà. Voglio il senso.
Fare il paragone con il primo libro può esser dannoso essendo il momento in cui venivano messe molte carte in tavola, ma nel secondo succede un bel fattaccio, eppure la cosa è ben integrata, ha un senso. O almeno, lo acquista.
Qua no, e metteteci pure lo stile della Stiefvater, risulta un accrocchio di cose che alla fine vien veramente da sospirare dicendo "Ora mi dici come la sbrogli questa roba".
Tutto ciò mi ha terribilmente ricordato lui, Paolini. Sì, Eragon, che era partito benissimo (la me stessa dodicenne lo finiva bramandone un seguito) e poi, come molte cose che parton bene ma si dimostrano guilty pleasure traballanti, andò in vacca (detto in gergo tecnico eh). 

Qui ci troviamo, malauguratamente, quasi all'orlo della stessa situazione.
Troppa carne messa al fuoco, troppo voler fare, troppo poco voler dire.
Risultato, temo il seguito come si teme la fine del caffè in casa (livello di paura alto insomma).

Una parte di me dice che la Stiefvater sa il fatto suo probabilmente, non ho letto altri suoi libri (non mi sembrano nelle mie corde), però son tutti entusiasti, un'altra parte di me teme il seguito appunto, l'altra un po' lo brama in effetti (ho molte parti io, peggio di Deadpool).
Voi l'avete letto? Le vostre parti cosa dicono? Ah, dimenticavo "Ladri di sogni" è in uscita il diciannove novembre! Procuratevelo, quello sì che è esaltante.